Un biennio glorioso. D’Annunzio è estremamente deluso dagli esiti delle trattative per la pace e la spartizione dell’Europa che ne consegue, tanto che definisce la vittoria italiana “mutilata” perché non gli è stata accordata la possibilità di annettere al proprio territorio la Dalmazia. Nella Lettera ai Dalmati, pubblicata dal “Popolo d’Italia” di Mussolini, polemizza contro tale decisione e decide di occupare Fiume.
Nella sua Fiume diventa un leader grazie in primis ai suoi discorsi di grande efficacia: fa abuso di slogan e riceve le ovazioni del suo pubblico. Un modello che poi il Duce del fascismo imiterà qualche anno più tardi. Assieme ad Alceste De Ambris redige la Carta del Carnaro, ordinamento dello Stato libero di Fiume, il culmine dello slancio rivoluzionario dannunziano. Il trattato di Rapallo, stipulato tra l’Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, però determinò la fine della Reggenza e il governo Nitti sgomberò Fiume. Deluso il poeta torna in Italia l’anno successivo, in un primo tempo a Venezia, poi si trasferisce a Gardone Rivera dove acquista il “Cargnacco”, che poi diventerà il “Vittoriale”.