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L’umiltà e l’introspezione del Libro segreto

Premessa: La lunga gestazione del Libro segreto ha inizio già nel 1930, ben cinque anni prima della pubblicazione mondadoriana. Infatti tramite Arnoldo Mondadori, d’Annunzio entra in contatto con l’editore americano John Holroyd Reece, il quale è ben disposto a pubblicare le Memorie del grande poeta italiano sborsando pure un milione di lire italiane. Ma nel 1931 il progetto delle Memorie dannunziane cade e il vecchio memorialista è costretto a restituire l’anticipo di duecentomila lire all’editore Reece.

L’anno seguente d’Annunzio è ancora fisso dell’idea della sua “favola breve della mia vita lunga” e comincia ad abbozzare vari titoli per l’opera biografica. Su varie cartelle spuntano titoli come: Chi sono?; A chiarezza di me; L’Oleandro; ma il titolo che si impone con più insistenza è Erbe, parole e pietre. La scelta di quest’ultimo deriva dal motto di Giordano Bruno: “Erbe parole et pietre sono materia di virtù a presso certi filosofi matti e insensati”, motto che vuole indicare la matta insensatezza dell’opera, a lui si unisce anche la frase pronunciata da Eleonora Duse ed estratta da un taccuino del 1900: “La follia non è più ricca di te”, frase che si rileggerà più volte nel Libro segreto.

Nel 1934 D’Annunzio scrive ad Arnoldo Mondadori comunicandogli di aver abbandonato il primitivo Erbe, parole e pietre e di desiderare la pubblicazione del Segreto nel numero di pagine (quattrocento, cinquecento ecc…). Ha inizio così verso la fine del 1934 la palese storia del Libro segreto, la storia dei fantasmi della vita più segreta di Gabriele D’Annunzio, la raccolta dei frammenti di una vita che vengono ora estratti dai cassetti del “Vittoriale”.

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