Dopo aver chiesto inutilmente prestiti e sconti di cambiali (una di esse, di ben 2000 lire, all’editore Treves, che fu fermo nel rifiuto), i creditori, riuniti intorno a Checco Gentiletti, capocameriere del Caffè di Roma, dove D’Annunzio prendeva i pasti, collezionando una pesante morosità, irruppero nell’appartamento di via Gregoriana e misero all’asta tutte le suppellettili, molte delle quali paccottiglia da magazzino, spogliando l’immobile. Era la fine. D’Annunzio, sconvolto, partì quasi clandestinamente in Marzo per rifugiarsi nella casa del solito Michetti, ove completò “L’Innocente”, lasciando a Roma Elvira preda delle sue difficoltà anche economiche. Poi anche lei raggiunse la sorella ed il cognato a Castrocaro.
Lei lo scongiurava di ritornare, sentendosi abbandonata e non confortata dallo stesso sentimento d’amore, ma Gabriele con la penna in mano era micidiale e riuscì a convincerla, con lettere strazianti, che il suo ardore era intatto e che solo esigenze artistiche lo separavano da lei. Ma non era vero. Dopo aver passato qualche giorno a Pescara dai suoi in compagnia della moglie, rientrò a Roma il 26 agosto 1891. Scese all’albergo di via Alibert, non avendo più alcuna dimora, dove ad attenderlo c’era Elvira che finalmente trascorse con lui tre giorni di felicità carnale. Il 29 era a Napoli per accompagnare Michetti che vi si recava per lavoro. Aveva conosciuto, a Francavilla, la Principessa Maria Gravina Cruyllas di Ramacca, sposata al conte Anguissola, siciliana di origine, e ne era rimasto turbato. Costei abitava con i suoi a Napoli ed era corteggiata dal più aristocratico mondo partenopeo, tra cui Vittorio Emanuele, futuro Re d’Italia. Inoltre Gabriele aveva ricevuto un secco rifiuto dall’editore Treves per la pubblicazione de “L’Innocente”, ritenuto troppo scandaloso e immorale, era quindi in cerca di chi potesse pubblicare l’opera che riteneva di ottima fattura. A Napoli si erano stabiliti Matilde Serao ed Edoardo Scarfoglio, suoi fraterni amici, che dirigevano il “Corriere di Napoli” e dai quali sperava in un aiuto. Doveva restare pochi giorni e invece, ripartito da solo Michetti, vi restò per due anni. Non stupisce. A Roma non poteva tornare, perché i creditori non si erano soddisfatti col ricavato della vendita all’asta degli oggetti di via Gregoriana e a Francavilla sarebbe stato sempre ospite. Napoli, invece, allora era una metropoli dalla grande opportunità, ricca di ingegni e di possibilità letterarie. Inoltre era terreno vergine sul quale poter attingere ogni risorsa economica. Il mondo di Elvira era lontano. Nobili ed intellettuali se lo contendevano ed era quello di cui lui aveva bisogno. Intanto cingeva d’assedio la bella principessa siciliana, che nonostante quattro maternità aveva fatto perdere la testa a mezza Napoli. Era stata l’amante di Scarfoglio che, da discreto pettegolo, l’aveva pubblicizzata.
D’Annunzio, tuttavia, pur preso dalla nuova conquista non intendeva rinunciare ad Elvira che anzi chiamò nella città del Sole. Ella vi restò dal 30 settembre al 9 ottobre e i due progettarono di mettere su casa all’ombra del Vesuvio, scambiandosi ardenti promesse di eterno amore. Lei lo sperava. Lui cercava di guadagnare tempo, come fanno gli amanti incapaci di dire le sgradevoli verità. Partita Elvira, si rituffò nel turbinio partenopeo, ma le voci correvano ed arrivarono finalmente a Roma, Un amica di lei, Clotilde Albini, si premurò di notiziarle quel che accadeva a Napoli ed Elvira fu costretta a sapere come stavano veramente le cose. Non solo corteggiava la Gravina, ma aveva intrapreso una relazione con tale Ida M., anch’essa ex amante di Scarfoglio, ribattezzata da Gabriele “Moricicca” Protestò per lettera, ma ricevette da Gabriele solo promesse di eterno amore e la più ferma negazione di ogni evidenza, secondo una consueta letteratura. Si rividero ad Albano in Novembre nel solito albergo, dove lui promise che sarebbe presto partito da Napoli. Un’altra bugia. A dicembre Elvira prese la sua decisione: lo lasciava e tornava con il marito. Non ce la faceva più a tollerare la sua infedeltà. Lui resistette ancora e chiese un nuovo incontro, per spiegare e convincere, ma iniziò a chiederle indietro le lettere; fatto questo che da sempre rappresenta il segnale del declino di ogni storia d’amore. Elvira, impaurita di vederle finire in qualche romanzo o novella, si rifiutò, anche di fronte alle insistenze di lui che si dichiarava disposto a tutto per riaverle.
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