Nel 1910 Antonio Borgese critico della letteratura italiana sul giornale La Stampa affermò che: «La letteratura dopo il grande sviluppo del ‘900 era arrivata al crepuscolo». Il crepuscolo è quell’indefinito momento della sera in cui il sole lentamente si dilegua e sembra affogare nel rosso vespero dell’autunno, lanciando gli ultimi ribelli raggi di luce prima dell’oscurità.
Il crepuscolarismo a diversità degli altri movimenti letterari non è una scuola ma solo un modo di interpretare l’esistenza, in quanto nei crepuscolari non esiste un caposcuola e nemmeno un manifesto che ne certifichi l’esistenza.
Le tematiche prevalentemente trattate dai crepuscolari sono la noia, il tedio, la malinconia, la tristezza e lo squallore di solitari pomeriggi domenicali, le cose semplici, umili, banali della vita di tutti i giorni, le atmosfere ridicole in cui ognuno di noi è partecipe ogni momento, il suono lontano degli organetti di barberia, il sapore di terre lontane ed il gusto d’altri tempi, gli interni domestici vetusti e solitarii ” …bell’edificio triste inabitato, grate panciute, logore contorte, fuga dalle stanze morte, odore d’ombra, odore di passato, odore d’abbandono desolato, fiabe defunte delle sovrapporte “, le silenziose, meste e squallide corsie degli ospedali, le scialbe amanti provinciali “…sei quasi brutta, priva di lusinghe nelle tue vesti campagnole…”, il sentore continuo della morte come privazione dell’esistenza, l’incapacità di trovare una certezza nella vita, l’alienabilità umana, la crisi dei valori, il disagio esistenziale, l’implacabilità del tempo che scivola incurante e fugace su di noi, il dolore del ricordo, la caducità di tutte le cose ed il malessere continuo di vivere.
I paesaggi descritti sono vaghi, soffusi, indefiniti, l’atmosfera richiama quella delle sere autunnali, il riverbero delle lontane campane che enfatizzano le ore, il sole che muore avvinto dall’oscurità, gli inaspettati addii e gli inappagati amori di tutti gli uomini.
Il crepuscolarismo non rappresenta un vero e proprio movimento, piuttosto potrebbe essere definito un modo di concepire, vivere e interpretare la vita e gli stati d’animo. Fra i maggiori poeti crepuscolari si trovano ( Gozzano, Corazzini, Oxilia, Govoni ) molti di essi morti prematuramente a causa della tubercolosi. Nella loro poetica prevale il sentore della morte, la fuga degli attimi, la tristezza per il tempo che passa e per le cose lasciate andare. Nella poesia crepuscolare persino il futuro viene letto con la malinconia per cose di oggi trovate consunte, logore ed invecchiate. L’incontro con l’amore del passato ormai invecchiato, la decadenza sui volti delle persone un tempo amate, il degrado e l’abbandono degli ambienti della giovinezza, le cose che non possono ritornare, lo sfacelo dei propri ideali, l’impossibilità di poter rivivere la giovinezza. Fra le poesie più significative in grado di esprimere al meglio questo tema ci sono : Un’altra Risorta – Gozzano, Il Balcone , Il giardino, L’istantanea, Incontro.
I crepuscolari attingono la loro poetica da :
Il linguaggio crepuscolare è semplice, dimesso, prosastico, il tono è sommesso e con esplicita opposizione al canto pieno, la metrica è quasi inesistente e la poesia prende una forma discorsiva e non aulica come nelle poesie del D’annunzio, gli ambienti descritti sono sobri, i toni sono tenui e le ambientazioni autunnali.
Lo scopo dei Crepuscolari è quello di comunicare il loro rifiuto nei confronti della società del tempo e la chiusura nell’introspezione e nel ricordo dei momenti passati, alcuni crepuscolari utilizzano la loro poetica per fare un’autocritica ironica ed amara o come un modo per estraniarsi da una società borghese che non può appartenergli in quanto il tempo li avvicina ad una inevitabile morte prematura.
"Nel mestissimo giorno degli addii, mi piacque rivedere la tua villa, la morte dell’estate era tranquilla".
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