D’Annunzio diceva che il fallimento più grande della vita dell’uomo stava nel non mettere a frutto gli ARDORI GIOVANILI ovvero quel desiderio che ognuno di noi serba nel petto di condurre un’esistenza attiva, viva, operosa, ricca di stimoli intensi, profondi ideali, attività fiorenti.
D’Annunzio affermava che solo abbandonandosi appieno alla vita come una foglia sospinta dalle placide o impetuose acque di un fiume l’uomo poteva essere davvero felice. Il vitalismo, l’incoerenza e la passionalità questo contraddistingue l’esistenza di D’Annunzio nei confronti di tutta la massa di poeti che compiange ciò che avrebbe potuto vivere o avrebbe voluto vivere.
In mezzo a questo scenario di vita e passione comunque D’Annunzio nasconde un rapporto molto profondo e complesso con la morte e principalmente scomporrei la visione della morte in più argomenti legati dal medesimo filo conduttore :
L’antico tema trattato dai poeti latini, da Leopardi, da Gozzano e a modo del tutto suo da d’Annunzio. Amore e Morte per d’Annunzio sono uno effetto dell’altro, l’amore è un sentimento talmente intenso viscerale, profondo, impetuoso e lancinante che solo chi non ha paura della morte può vivere nella maniera più profonda. Quanti di noi, di fronte a un vero amore perduto si sentono vittima di un qualcosa di talmente grande, doloroso ed irrimediabile da avvertirlo simile alla morte. Significa che il vero amore esiste soltanto quando siamo disposti a donare noi stessi per il sentimento
D’Annunzio partecipa alla guerra mondiale in maniera eclatante con Il volo su Vienna, la beffa di Buccali e tante altre imprese che lo resero popolare e che diedero sfogo al suo grande desiderio patologico di platea. Negli anni 20 incendia l’animo degli italiani parlando di “vittoria mutilata” e in seguito marciando su fiume con una schiera di legionari pronti a tutto spinti da amore di patria.
Il pensiero di d’Annunzio in merito è che il vero ardito è colui che è disposto anche a donare la vita per perseguire quello in cui crede : MEMENTO AUDERE SEMPER ( Ricordati di osare sempre ) soltanto chi osa ed è disposto a perdere ciò che possiede è in grado di assaporare appieno l’esistenza.
Questo pensiero si riflette non solo nelle imprese di guerra ma soprattutto nella sua vita, nei suo amori complessi ma impetuosi, profondi, passionali, veementi per i quali d’Annunzio era disposto a donare la vita con amore. Nota che al Vittoriale c’è un tabernacolo con il volante d’un ardito morto in una gara di motoscafo simbolo che per il poeta chi donava la propria vita in un impresa ardua era degno di venerazione.
Negli ultimi anni d’Annunzio dovette assistere alla propria decadenza fisica e morale, costretto a vivere nella “prigione dorata” del Vittoriale nella penombra più completa per occultare alle amanti l’onta della decadenza sul suo volto. Ormai non era più in grado di compiere imprese magnifiche o essere una guida spirituale per il paese (come se d'Annunzio fosse già morto prima della morte fisica).
Deluso dal fallimento di fiume si ritira in una villa costruita su misura di uomo eccentrico. Fra le stanze del Vittoriale bisogna rammentare la più significativa che è la stanza del lebbroso dove c’è un letto fatto come una culla e stretto come una bara, simbolo esplicito che la vita e la morte si compenetrano e che una è insita nell’altra come dice Gozzano (quanti me stesso son morti in me stesso).
Nella stanza del lebbroso c’è un’effige raffigurante d’Annunzio moribondo fra le braccia di San Francesco poiché, nel raffigurarlo, il Vate si immaginava lui ammalato di peste tra le braccia d’un santo (allora la peste era considerata come simbolo divino). Nella stanza del lebbroso inoltre ci sono nel soffitto rappresentate immagini di sante con il volto delle amanti più significative del d’Annunzio in quanto il poeta amava fondere sacro e profano.
C’è chi vocifera che “ il volo dell’arcangelo “ ovvero la caduta dalla finestra non sia stata causata dall’amante del vate Luisa Baccara ma che d’Annunzio meditasse un suicidio, c’è chi dice persino che anche la sua morte ha qualcosa di misterioso. C’è da dire che d’Annunzio costruì per lui e per i suoi legionari un altissimo mausoleo dove fu deposta la sua salma eretta verso il cielo in onore del sommo poeta.
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